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venerdì 2 maggio 2025

ANNI '70: GLI ESORDI DEGLI ULTRALEGGERI MODERNI

ANNI '70: GLI ESORDI DEGLI ULTRALEGGERI MODERNI Cenni della storia del volo ultraleggero a motore
“Non volevo reinventare l'aeroplano, volevo solo volare per divertimento.”
(John moody)
Per ovvi motivi anagrafici, pochissimi appassionati di ultraleggeri di oggi comprendono veramente gli inizi unici dell'aviazione ultraleggera.
In Italia il volo ultraleggero nasce ufficialmente con la Legge 25 marzo1986 n. 106 (Disciplina del volo da diporto o sportivo).
L'ultima revisione del regolamento attuativo della Legge 106/86, il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 10 dicembre 2021 (Caratteristiche degli apparecchi per il volo da diporto o sportivo di cui all'allegato tecnico alla legge 25 marzo 1985, n. 106), stabilisce che un velivolo è considerato ultraleggero se al massimo è biposto, se il suo peso massimo al decollo non è superiore a 600 Kg (650 Kg se anfibio o idrovolante) e se ha una velocità di stallo non superiore a 45 kt (circa 83 Km/h).
Possiamo a buon diritto affermare che l’avventura umana del volo è nata con aerei ultraleggeri. Il Flyer 1 dei fratelli Orville e Wilbur Wright, che il 17/12/1903 compì il primo volo della storia, aveva un peso massimo al decollo di 338 Kg e una velocità di stallo sicuramente inferiore a 83 Km/h visto che la sua velocità massima era di appena 48 Km/h.
Il primo volo 17 dicembre 1903 (fotografia di John Daniels).
Anche gli aeroplani utilizzati dal pioniere brasiliano Alberto Santos-Dumont erano ultraleggeri. Ad esempio, il 14-bis del 1906 pesava circa 300 Kg, mentre il Demoiselle del 1908 pesava appena 143 Kg.
Il 14-bis (1906) e il Demoiselle (1908) di Alberto Santos-Dumon.
Perfino la famosa trasvolata della manica, del 25/07/1909, fu compiuta da Louis Blériot a bordo di un ultraleggero. Il suo aereo pesava infatti solo 300 Kg, con una velocità massima di 58 Km/h.
Blériot XI (1912).
Poi l’evoluzione tecnica, catalizzata dalle applicazioni militari della macchina volante, ha portato allo sviluppo si velivoli più grandi e più complessi, con prestazioni sempre più elevate, fino ad arrivare nei primi anni ’60 del secolo scorso, ad aerei come il Lockheed SR-71 Blackbird (in servizio dal 1966 al 1989), che aveva un peso massimo al decollo di 78 tonnellate con velocità di crociera di circa 3.500 Km/h. e una velocità di stallo di quasi 280 Km/h. Decisamente non era un ultraleggero!
Lockheed SR-71 Blackbird.
Ma parallelamente non si è mai del tutto sopita l’idea di velivoli economici, piccoli e facili da pilotare per un’aviazione più popolare.
Ad esempio, nel 1933 in Francia l’ingegnere Henri Mignet progettò l’HM14 Pou du Ciel (“Pulce del Cielo”), il primo di una serie di piccoli monoposto ultraleggeri.
HM14 e HM16 di Henri Mignet.
L'ala Rogallo La storia più recente dell’aviazione ultraleggera prende il via dall’idea dell’ingegnere della NACA (in seguito NASA) Francis Melvin Rogallo e sua moglie Gertrude, che nel 1948 misero a puto un'ala flessibile a delta adatta per planare a basse velocità (brevettata nel 1951). Era costituita da due vele in tessuto sostenute da tre tubi convergenti in un’unica cerniera.
Rappresentazione schematica di un’ala Rogallo.
La NACA valutò la possibilità di utilizzare l’ala Rogallo come sistema di recupero delle capsule spaziali Gemini al rientro dal volo spaziale.
Francis M. Rogallo con un modellino della sua ala. Capsula Gemini portata da una la Rogallo. Deltaplano del 1962.
Dall’ala Rogallo discende tutta la stirpe di deltaplani sia quelli per il volo libero, che quelli a cui è stato applicato un motore e un’elica.
Il primo progetto del deltaplano ad ala Rogallo, a metà degli anni ‘60.
Infatti anche se non venne mai utilizzata per il programma Gemini, l’ala Rogallo destò grandissimo interesse, soprattutto per la sua estrema semplicità e le industrie Ryan e North American ricevettero cospicui finanziamenti per la ricerca di sue applicazioni. In particolare la Ryan costruì nel 1961 il modello Flex Wings che può essere considerato il primo deltaplano a motore. Era costituito da un alla Rogallo montatta su una struttura di tubi metallici che alloggiava il pilota e sosteneva il motore.
Flex Wings nella galleria del vento (1961).
Ma tutti i tentativi di giungere ad una concreta applicazione dell'ala Rogallo si fermarono allo stadio di prototipo. L'ala Rogallo, con la sua estrema semplicità, stimolò tuttavia l'immaginazione degli appassionati di volo, che cominciarono a sfruttarla per costrure dei libratori. Erano nati i primi deltaplani. Inizialmente vennero utilizzati per eseguire voli vincolati. Per mezzo di una corda, l'ala veniva trainata da un motoscafo e permetteva a una persona di sollevarsi a qualche decina di metri di altezza. Da queste prime esperienze di volo vinvcolato all'idea di potersi lanciare da un pendio il passo è stato breve. Nacquerò così i primi rudimentali deltaplani. Ovunque temerari (incoscienti) appassionati con pochi dollari inseguivano il loro sogno di librarsi in aria.
John Moody e il suo Icarus II È stato a partire dalla seconda metà degli anni ’70 che alcuni arditi pionieri hanno reinventato, o riscoperto, il volo ultraleggero, spinti dal desiderio di volare in modo semplice, libero e a bassi costi. L’installazione di un piccolo motore su un deltaplano ha consentito di raggiungere l’ambito obiettivo. L’aeroplano ultraleggero è il primo velivolo che non sia nato per scopi commerciali o militari, ma semplicemente per diporto. Nei primi anni ’80, negli USA, furono venduti migliaia di questi apparecchi.
Accanto alla facilità di acquisto, molte sono state le caratteristiche che spiegano la popolarità che hanno conquistato gli ultraleggeri. Una è il puro e semplice piacere di volare in questo modo.
Il movimento dell'aviazione ultraleggera a motore negli Stati Uniti tuttavia non si sviluppò utilizzando l'ala Rogallo, ma un'intera serie libratori ad ala rigida, come, ad esempio il biplano rigido 'Icarus II progettato da Taras Kiceniuk Jr. Infatti, nell’inverno 1974-1975 John Moody, un ingegnere elettrotecnico, pilota di deltaplani del Wisconsin, costruì Il primo apparecchio ultraleggero moderno, installando un motore da go-kart da 12 CV sul suo libratore biplano Icarus II.
L'Icarus II modificato da John Moody (1975).
L'obiettivo di Moody ere solamente poter salire di quota aiutati dal motore, spegnerlo e volare come un semplice deltaplano librandosi e planando fino a quando voleva salire nuovamente. Era stato creato un nuovo tipo di velivolo. "Non volevo reinventare l'aeroplano, volevo solo volare per divertimento. Costruii un biplano nel 1973, ma ci volai pochissimo [con la tecnica del decollo dalla montagna]. In un anno e mezzo accumulai circa dieci minuti di volo, ma nel 1975 ero pronto. Equipaggiai il biplano con un motore da 10 CV; le mie gambe sarebbero state il carrello per il decollo. Era una giornata fredda e la sola superficie piana era un lago ghiacciato. Avviai il motore, sollevai il mezzo e corsi. In pochi metri ero in aria e volavo a pochi centimetri dal ghiaccio. Feci quattro voli e alla fine percorsi un miglio e mezzo sopra il lago. Fu il primo volo di successo con partenza dal suolo su un veleggiatore dotato di motore. Piú tardi portai la mia macchina su un aeroporto percorrendo il circuito a trecento piedi e atterrai. Il giorno successivo mi chiamò l'FAA (Federal Aviation Amministration). Volevano sapere se stavo volando su un aeroplano privo di licenza di volo. Gli dissi che era un "veleggiatore con motore"
I primi ultraleggeri Ben presto furono adattati motori ad altri tipi di pendolari. Un tentativo di questo genere dimostrò che il semplice fissaggio di un motorino a un libratore non era sufficiente per ottenere un aeroplano di successo.
L’esperimento venne effettuato su un’ala Rogallo. All’inizio il motore venne fissato al monaco delle ali Rogallo. Ma la linea di spinta (la direzione della propulsione) troppo alta si dimostrò disastrosa quando il pilota si veniva a trovare in situazione di zero-g. La linea di spinta così alta creava un momento picchiante che il pilota non era in grado di contrastare. In volo normale, quando l'ala è sottoposta a un un g positivo, uno spostamento del peso del pilota consente di controllare l'apparecchio, ma in condizioni di gravità zero è come se il pilota non avesse peso. Con il muso orientato verso il basso, la velatura cominciava ad orzare o a frullare e il mezzo era costretto a entrare in una picchiata inarrestabile o ad effettuare una gran volta inversa con probabilità di collasso strutturale. Questo pericoloso difetto venne corretto disponendo la linea di spinta più in basso. La disposizione più diffusa dei propulsore sull'ala Rogallo era costituita da un'elica spingente montata dietro la chiglia, che è il tubo centrale dell'ala.
Foot-Launched Powered Hang Glider - FLPHG (1975).
La disposizione più diffusa del propulsore sull’ala Rogallo era costituita da un’elica spingente montata dietro la chiglia (il tubo centrale dell’ala). L’impianto consisteva in un motore da go-kart posto sopra la testa del pilota e in un lungo albero montato parallelo alla chiglia. Lo stesso impianto poteva essere installato su quasi tutti i deltaplani ad ala flessibile. Un pendolare equipaggiato in tal modo veniva lanciato dal terreno pianeggiante a piedi, cioè da un pilota che teneva l’attrezzo sopra la testa correndo contro vento. Poiché la linea di spinta era sempre più alta del baricentro, il volo non era consigliabile in condizioni di turbolenza poiché il velivolo con il motore in moto tendeva a essere instabile longitudinalmente. Era però maneggevole in condizioni di calma di vento. Il motore era usato soprattutto per guadagnare quota e quindi proseguire in volo librato, anziché per volare a motore.
Il riduttore di giri di Slusarczyk Fino al 1977 la maggior parte degli aeroplani ultraleggeri riceveva la spinta da un motore da go-kart che azionava un’elica calettata direttamente sull’albero del motore stesso. La disposizione era semplice e meccanicamente affidabile. Tuttavia il motore aveva un numero di giri al minuto tanto alto che l’elica doveva essere piccolissima (circa 70 cm di diametro) per evitare che le estremità delle pale superassero la velocità del suono. In effetti l’elica ruotava a oltre 9.000 giri al minuto e l’estremità delle pale a velocità molto prossima a quella del suono, con il risultato che l’elica era estremamente rumorosa e il rendimento propulsivo appena del 50 per cento circa. Le prestazioni dei primi deltaplani a motore erano pertanto del tutto marginali: la velocità di crociera superava di poco la velocità di stallo e la velocità ascensionale non raggiungeva che un pericoloso valore di 30 m/min. Inoltre i motori avevano una vita breve a causa dell’elevata velocità di rotazione imposta dalla necessità di erogare una potenza sufficiente. Fu allora chiaro che l’aeroplano ultraleggero non avrebbe trovato un vasto pubblico di utenti fin quando non se ne fossero migliorate le prestazioni. Un intraprendente sperimentatore, Charles (“Chuck”) Slusarczyk, affrontò il problema della propulsione in modo scientifico. Tenuto conto del fatto che il rendimento dell’elica è più elevato quando le estremità delle pale si muovono a velocità decisamente inferiore a quella del suono, inventò un sistema di trasmissione con riduttore per i libratori a motore, sistema che e stato brevettato nel 1981.
Il riduttore di Slusarczyk.
La sua idea è stata quella di spostare un gran volume d’aria il più lentamente possibile attraverso il disco costituito dall’elica in rotazione, minimizzando nel contempo la resistenza aerodinamica dovuta alla comprimibilità che assorbe gran parte della potenza in prossimità della velocità del suono.
Il risultato costituì un buon miglioramento della spinta e del rendimento e da una decisa riduzione del rumore dell’elica. In pratica da allora tutti gli aeroplani ultraleggeri furono equipaggiati con un sistema di propulsione dotato di trasmissione con riduttore che assicura prestazioni superiori da parte di un piccolo motore. Un valore tipico ottenibile dalle quelle trasmissioni con riduttore era una spinta di 4,5 Kg/CV.
Slusarczyk aprì la porta a una propulsione per ultraleggeri più silenziosa e affidabile e pose fine all'era dei motori a trasmissione diretta che assordavano con le velocità supersoniche delle loro minuscole eliche di legno. I produttori temevano che Slusarczyk chiedesse ingenti diritti per usare la sua creazione, ma "Chuck", come lo chiamano alcuni amici, non ha mai fatto valere il brevetto. Ha sostanzialmente regalato una potenziale fortuna a beneficio della comunità degli ultraleggeri.
Il carrello di atterraggio Dopo poco tempo il motore da go-kart fu quasi ovunque sostituito dal motore per motoslitta, che ha una maggiore cilindrata e un minor numero di giri al minuto. Il motore venne messo a punto in modo diverso da quello per cui era progettato in origine, con un aumento della spinta, un miglioramento dell’affidabilità e un allungamento della vita di funzionamento. Di solito si riduceva la carburazione o si diminuiva la compressione; a volte si agiva su entrambe le caratteristiche. L’adozione di quest’ultimo motore portò ad un altro cambiamento, costituito dal carrello d’atterraggio a ruote. Un deltaplano con motore da go-kart a trasmissione diretta aveva un peso a vuoto di circa 45 Kg e poteva essere lanciato a piedi. Il motore per motoslitta, i componenti per la trasmissione con riduttore e i necessari rinforzi del telaio portavano il peso a vuoto ben oltre i 70 Kg, rendendo pericoloso il lancio a piedi. L’adozione del carrello d’atterraggio portò alla realizzazione di un aeroplano ultraleggero completo. Una volta accettato il principio del carrello di atterraggio, fu possibile progettare un mezzo ultraleggero intorno al sistema di propulsione, anziché fissare semplicemente un motore a un deltaplano. Ne è risultata una nuova generazione di progetti, la maggior parte dei quali ha sospinto la nuova aviazione lontano dalle sue origini che si trovano nel deltaplano a motore, orientandola verso il “piccolo aeroplano”. Evoluzione dei comadi di volo Anche i comandi di volo si sono perfezionati in modo significativo nel corso dei primi anni. Pendolari Nei primi ultraleggeri, realizzati semplicemente fissando un motore a un deltaplano, il controllo veniva nella maggiornaza dei casi realizzato dal pilota con il semplice spostamento del proprio peso (pendolari). Alcuni velivoli avevano anche qualche rudimentale comando aerodinamico, cioè superfici che il pilota poteva muovere per agire sull’imbardata, il rollio e il beccheggio.
I piloti di libratore trovavano questi semplici dispositivi più che sufficienti, ma coloro che erano addestrati a pilotare aerei normali li consideravano strani e sconcertanti. I progettisti di aeroplani ultraleggeri si resero ben presto conto del problema e iniziarono a sviluppare adeguati comandi aerodinamici. Già dai primi anni '80 era abbastanza inconsueto trovare un aeroplano ultraleggero la cui condotta dipendesse in qualche modo dallo spostamento del peso del pilota.
L'ultraleggero biplano a motore Icarus II di John Moody era dotato di un sistema ibrido di comando derivante dal modo nel quale il velivolo era controllato prima che Moody pensasse all’aggiunta di un motore.
Il pilota, che era sospeso da una imbracatura in posizione prona, controllava il movimento intorno all'asse di beccheggio, e quindi la velocità, muovendosi in avanti e all'indietro. Aveva però annche la possibilità di muovere i timoni montatti all'estremità delle ali per imbardare il mezzo, generando in questo modo un rollio indotto. Le ali interne che arretravano a causa dell'imbardata, perdevano velocità, quindi portanza, e tendevano a scendere, mentre le ali esterne aumentavano velocità e portanza e tendevano a salire. Ciò generava un rollio che innescava la virata.
La simultanea deflessione di entrambi i timoni all'estremità delle ali aumenta la resistenza all'avanzamento, consentendo di controllare la traiettoria di planata.
Un altro sistema ibrido è stato usato nel Quicksilver, che apparve originariamente quale deltaplano all'inizio degli anni settanta.
Il pilota era seduto su una specie di altalena e poteva così spostare il proprio peso lateralmente, in avanti e in indietro. Per aumentare la capacità di far virare il mezzo apposite sagole collegavano l'imbracatura con il timone di modo che uno spostamento laterale del pilota faceva ruotare il timone determinando un'imbardata e quindi un moto di rollio. Il sistema funzionava, ma era pur sempre basato su uno spostamento di peso e i piloti dotati di brevetto non l'accettarono.
Ultaleggeri a 2 assi Un grosso progresso nei sistemi di comando fece la sua comparsa nel primo vero aeroplano ultraleggero (da non confondere con i deltaplani a motore).
La nuova idea era un sistema di controllo su due assi. Il pilota è assicurato con una cintura di sicurezza e di fatto non può spostare il proprio peso, ma può agire su una barra di comando collegata con i timoni di direzione e di quota. Le ali non sono dotate di superfici mobili.
La barra di comando agisce parzialmente in modo convenzionale, uno spostamento in avanti determina un abbassamento della prua e uno spostamento all'indietro un suo innalzamento; lo spostamento laterale invece muove il timone nella stessa direzione provocando un'imbardata e quindi un rollio indotto (in una barra di comando convenzionale. o “cloche”, uno spostamento laterale determina uno spostamento degli alettoni sulle ali).
FONTI Ultralight Airplanes by Michael A. Markovsky (Scientific American July 1982) Volare Ultraleggeri - by Guido Medici (1986) Wikipedia Researchgate WholeAir.pdf EAA Forums British hanggliding history Historic wings Pioneer Flyer

 

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