
“Non volevo reinventare l'aeroplano, volevo solo volare per divertimento.”
(John moody)
In Italia il volo ultraleggero nasce ufficialmente con la Legge 25 marzo1986 n. 106 (Disciplina del volo da diporto o sportivo).
L'ultima revisione del regolamento attuativo della Legge 106/86, il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 10 dicembre 2021 (Caratteristiche degli apparecchi per il volo da diporto o sportivo di cui all'allegato tecnico alla legge 25 marzo 1985, n. 106), stabilisce che un velivolo è considerato ultraleggero se al massimo è biposto, se il suo peso massimo al decollo non è superiore a 600 Kg (650 Kg se anfibio o idrovolante) e se ha una velocità di stallo non superiore a 45 kt (circa 83 Km/h).
Possiamo a buon diritto affermare che l’avventura umana del volo è nata con aerei ultraleggeri. Il Flyer 1 dei fratelli Orville e Wilbur Wright, che il 17/12/1903 compì il primo volo della storia, aveva un peso massimo al decollo di 338 Kg e una velocità di stallo sicuramente inferiore a 83 Km/h visto che la sua velocità massima era di appena 48 Km/h.





Ad esempio, nel 1933 in Francia l’ingegnere Henri Mignet progettò l’HM14 Pou du Ciel (“Pulce del Cielo”), il primo di una serie di piccoli monoposto ultraleggeri.









Accanto alla facilità di acquisto, molte sono state le caratteristiche che spiegano la popolarità che hanno conquistato gli ultraleggeri. Una è il puro e semplice piacere di volare in questo modo.

L’esperimento venne effettuato su un’ala Rogallo. All’inizio il motore venne fissato al monaco delle ali Rogallo. Ma la linea di spinta (la direzione della propulsione) troppo alta si dimostrò disastrosa quando il pilota si veniva a trovare in situazione di zero-g. La linea di spinta così alta creava un momento picchiante che il pilota non era in grado di contrastare. In volo normale, quando l'ala è sottoposta a un un g positivo, uno spostamento del peso del pilota consente di controllare l'apparecchio, ma in condizioni di gravità zero è come se il pilota non avesse peso. Con il muso orientato verso il basso, la velatura cominciava ad orzare o a frullare e il mezzo era costretto a entrare in una picchiata inarrestabile o ad effettuare una gran volta inversa con probabilità di collasso strutturale. Questo pericoloso difetto venne corretto disponendo la linea di spinta più in basso. La disposizione più diffusa dei propulsore sull'ala Rogallo era costituita da un'elica spingente montata dietro la chiglia, che è il tubo centrale dell'ala.


Il risultato costituì un buon miglioramento della spinta e del rendimento e da una decisa riduzione del rumore dell’elica. In pratica da allora tutti gli aeroplani ultraleggeri furono equipaggiati con un sistema di propulsione dotato di trasmissione con riduttore che assicura prestazioni superiori da parte di un piccolo motore. Un valore tipico ottenibile dalle quelle trasmissioni con riduttore era una spinta di 4,5 Kg/CV.
I piloti di libratore trovavano questi semplici dispositivi più che sufficienti, ma coloro che erano addestrati a pilotare aerei normali li consideravano strani e sconcertanti. I progettisti di aeroplani ultraleggeri si resero ben presto conto del problema e iniziarono a sviluppare adeguati comandi aerodinamici. Già dai primi anni '80 era abbastanza inconsueto trovare un aeroplano ultraleggero la cui condotta dipendesse in qualche modo dallo spostamento del peso del pilota.
Il pilota, che era sospeso da una imbracatura in posizione prona, controllava il movimento intorno all'asse di beccheggio, e quindi la velocità, muovendosi in avanti e all'indietro. Aveva però annche la possibilità di muovere i timoni montatti all'estremità delle ali per imbardare il mezzo, generando in questo modo un rollio indotto. Le ali interne che arretravano a causa dell'imbardata, perdevano velocità, quindi portanza, e tendevano a scendere, mentre le ali esterne aumentavano velocità e portanza e tendevano a salire. Ciò generava un rollio che innescava la virata.
La simultanea deflessione di entrambi i timoni all'estremità delle ali aumenta la resistenza all'avanzamento, consentendo di controllare la traiettoria di planata.
Il pilota era seduto su una specie di altalena e poteva così spostare il proprio peso lateralmente, in avanti e in indietro. Per aumentare la capacità di far virare il mezzo apposite sagole collegavano l'imbracatura con il timone di modo che uno spostamento laterale del pilota faceva ruotare il timone determinando un'imbardata e quindi un moto di rollio. Il sistema funzionava, ma era pur sempre basato su uno spostamento di peso e i piloti dotati di brevetto non l'accettarono.
La nuova idea era un sistema di controllo su due assi. Il pilota è assicurato con una cintura di sicurezza e di fatto non può spostare il proprio peso, ma può agire su una barra di comando collegata con i timoni di direzione e di quota. Le ali non sono dotate di superfici mobili.
La barra di comando agisce parzialmente in modo convenzionale, uno spostamento in avanti determina un abbassamento della prua e uno spostamento all'indietro un suo innalzamento; lo spostamento laterale invece muove il timone nella stessa direzione provocando un'imbardata e quindi un rollio indotto (in una barra di comando convenzionale. o “cloche”, uno spostamento laterale determina uno spostamento degli alettoni sulle ali).
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