Il primo recupero riuscito da una vite
Probabilmente dovette la sua sopravvivenza tanto alla fortuna quanto alle eccezionali capacità di volo.
Lì, il giorno dopo il suo primo volo nell'aprile del 1911, Parke andò in stallo e si schiantò contro il vicino impianto di depurazione, un rito di passaggio per molti novizi. I suoi superiori della Royal Navy consideravano frivole le attività aeree di Parke, ma dopo la formazione del Royal Flying Corps nel maggio 1912, completo di un'ala navale, i pezzi grossi cambiarono tono.
Parke aveva quasi completato un test di resistenza di tre ore. Il volo faceva parte delle prime selezioni di aviazione militare della Gran Bretagna, il neonato Royal Flying Corps.
Al punto C, Parke diede tutta manetta, nella speranza che l'elica potesse sollevare il muso, perché era consapevole che la macchina era leggermente sbilanciata sul muso con la manetta chiusa. Il motore rispose immediatamente, ma non riuscì a produrre l'effetto desiderato sulla macchina; potrebbe aver accelerato o meno la discesa, ma la caduta era già così rapida che era improbabile che la velocità massima con motore al massimo potesse persino essere uguale.
Sempre al punto C, tirò la barra dell'elevatore con forza contro il petto e mise il timone completamente a sinistra con il piede in modo da girare la macchina verso l'interno, quest'ultimo essendo l'azione che è accettata come appropriata in casi di imminente side-slip (scivolata laterale) e, quindi, naturalmente da provare in un'emergenza come questa. La torsione delle ali era normale, ovvero bilanciata, con il volantino di controllo in posizione neutra. Queste operazioni non riuscirono affatto a migliorare le condizioni.
Secondo Parke, l'angolo era molto ripido, ma certamente non verticale; non notò alcuno sforzo particolare sulle gambe, con le quali teneva ancora il timone circa a metà a sinistra (più o meno quanto si usa normalmente per una virata), né sul petto, attraverso il quale era legato al sedile da una larga cintura. Aveva già rimosso la mano destra dal volantino di controllo per stabilizzarsi, afferrando un montante della fusoliera. Fece questo, non per sostenersi contro la pendenza della discesa, ma perché si sentiva scaraventato verso l'esterno dal moto a spirale della macchina, che descrisse come "violento". L'assenza di pressione sulle gambe e sulle braccia sembrava, tuttavia, la prova che la macchina stava cadendo velocemente quanto il pilota, che era, quindi, instabile sul suo sedile e senza un fulcro finché non si era assicurato alla struttura con la presa della sua mano.
Capire, attraverso questo effetto forzato, l'influenza predominante del moto a spirale, distinto dalla picchiata, gli fece allentare il timone e infine spingerlo con forza verso destra (cioè per girare la macchina verso l'esterno del cerchio), come ultima risorsa, quando era a circa 50 piedi da terra.
Immediatamente, ma senza alcun sussulto, la macchina si raddrizzò e si appiattì, riprese subito il controllo e, senza affondare sensibilmente, volò via in perfetto assetto. Parke fece un giro dei capannoni per mettersi in posizione per l'atterraggio in un buon posto controvento, e procedette ad atterrare nel solito modo senza il minimo incidente.
Il fatto che abbia mantenuto la sua presenza di spirito dall'inizio alla fine nell'emergenza - sebbene fosse certamente terribilmente allarmato - così da essere consapevole di ogni operazione e dell'effetto prodotto, serve a dare al mondo dell'aviazione almeno un'esperienza definita di estrema importanza per il pilotaggio."
Il successivo rapporto del tenente Parke al Royal Aero Club Committee li spinse a suggerire ulteriori esperimenti: un primo tentativo in assoluto di indagare il fenomeno della vite. Tuttavia, come commentò la rivista Flight:
"Nessuno rischierà volontariamente di perdere il controllo della sua macchina a mezz'aria per dimostrare i fatti".
Sembra esserci una paranoia universale sulla vite che è durata fino ad oggi e ha persino portato le autorità aeronautiche retrograde di diversi paesi a rimuoverlo dal programma di addestramento al volo per motivi di "sicurezza": escogitando così di perpetuare quella paura insensata di eseguire uno stallo in vite che avrebbe dovuto essere estinta da così tanti anni di familiarità.
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